Il lungo volo di Benvenuto Calabria Danilo Castellarin Viviamo un’epoca esibita, dove conta chi appare e molti si affannano per figurare nei cristalli liquidi delle nuove tecnologie, mostrarsi in ogni dove, con chiunque e ovunque. Benvenuto Calabria ha atteso la settantina per proporre, quasi timidamente, una ventina fra i suoi oltre trecento dipinti. Un modo d’essere, e prima ancora di sentire, che nel Novecento si chiamava temperanza, ossia la virtù della moderazione, del fare prima del mostrare, dell’ascolto degli altri prima di se stessi, dell’attenzione per i sentimenti, la natura, i paesaggi quotidiani o, come ama definire lui stesso in alcuni suoi dipinti che ricordano il Morandi che tanto lo affascinò in giovinezza, la “care cose di casa”. Si dirà, poteva farlo prima. Ma diventare grandi non è impresa da poco. È molto più facile, come diceva Francis Scott Fitzgerald, “evitare il tempo che avanza e passare da un’infanzia a un’altra, come sciando”. Geniale, per certi versi. Forse è per questo che nelle tele di Calabria (per celarsi non ha mai firmato con il suo cognome, pur se autorevole e noto, ma solo con il nome proprio Benvenuto) affiorano le emozioni come in un sospiro a lungo trattenuto, che fonde maturità e giovinezza, lietezza e malinconia, autunno e primavera. Il suo lavoro è come il bilanciere di un’antica piroga. Perchè molti non sempre crescono in sintonia con lo scorrere del tempo, ma in modo discontinuo, un po’ in una dimensione e un po’ in un’altra, e così diventando relativi, maturi in un ambito, infantili in un altro. Il passato, il presente e il futuro possono mescolarsi fra loro e trascinarci indietro o spingerci avanti o ancora bloccarci perchè siamo composti di strati, cellule e costellazioni non facili da scomporre e identificare. Così a volte la crescita diventa un viaggio con molti più naufraghi che naviganti. Benvenuto dipinge invece con disarmante immediatezza, quasi per ricordare al cuore quello che è passato davanti ai nostri occhi distratti, per via della fretta, delle tante cose da fare, insomma per quel modo di vivere (sopravvivere?) che trascura il piacere della riflessione e così l’appagamento intimo. Camminare al chiaro di luna di “Notturno nel ghetto” apre la mente più di una mezza dozzina di sedute di psicoanalisi e “Punta San Vigilio”o “San Giorgio” sono quadri sonori perché basta guardarli per immaginarsi sulla riva opposta ad ascoltare, meglio se in buona compagnia, lo sciacquìo morbido delle onde. Proprio vero che la maturità inizia quando non è più indispensabile la realtà ma basta un po’ di fantasia per vedere oltre.
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