Da qualche tempo si parla di decadenza dell’antropocentrismo, in una fase di cambiamento globale, sia climatico che antropologico. Lo studioso Leonardo Caffo (“Fragile umanità”, Einaudi, 2017) analizzando la condizione post-umana individua una nuova speciazione verso cui l’uomo sta evolvendo in una condizione di crescente fragilità, dove il ciclo “Homo Sapiens” sembra agli sgoccioli, auspicando, a fronte del dissesto dell’eco-sistema, un recupero di naturalismo, di dimensione primigenia.Il recente lavoro fotografico di Lucio Perini mi fa venire in mente il pensiero di Caffo. Sono immagini in bianco e nero che ritraggono dei corpi nudi, “trattati” in modo particolare, ricoperti di argilla mista ad acqua. Questo rivestimento che essica rapidamente e in modo discontinuo lasciando segni più chiari o più scuri, drammatizza l’entità corporea, anche con passaggi al computer, la trasforma, la incrosta, la rende terrosa. E’ un avvicinamento agli elementi primordiali del pianeta, un mescolarsi con essi, in una dimensione atemporale che unisce il remoto (quasi biblico, come suggerisce l’artista) all’attuale, in una nuova intuizione di futuro.
Maria Campitelli.
