Natura morta tra moderno e contemporaneo. Dal 27 marzo al 30 giugno 2024 nelle sale del Museo di Castelvecchio l’enigmatica Fiasca spagliata con fiori, opera di un maestro anonimo tra 1625 e 1630, dalle collezioni comunali d’arte della città di Forlì, e la scultura in vetro Groviglio, eseguita da Lilla Tabasso nel 2021 proprio ispirandosi al celebre dipinto dell’ignoto artista, si confrontano in un accostamento espositivo inedito realizzato dalla direzione Musei civici all’interno del format “Ospiti in Galleria”, con la curatela di Francesca Rossi e Luca Fabbri.
Un’occasione offerta ai visitatori di un’intima meditazione sugli aspetti cardinali dell’esistenza umana e, allo stesso tempo, una drammatica riflessione sulla caducità delle cose, ma anche un inno gioioso alla forza incoercibile della vita.
Su iniziativa dei Musei Civici di Verona, il Museo di Castelvecchio in collaborazione con il Museo Civico San Domenico di Forlì e la Galleria veneziana “Caterina Tognon Arte Contemporanea”, presentano questi capolavori in dialogo con la monumentale Crocifissione del Maestro di Santa Anastasia, apice della scultura del Trecento veronese e struggente indagine di verità sui temi del dolore e della morte, esposta nella Galleria delle Sculture del museo scaligero allestita dal maestro Carlo Scarpa.
“La collaborazione tra musei civici – spiega l’assessora alla Cultura Marta Ugolini – rappresenta un pilastro per il progresso culturale e lo sviluppo della conoscenza nella società contemporanea. Questa sinergia tra istituzioni culturali è portatrice di benefici che vanno oltre il mero scambio di opere d'arte. Siamo dunque grati al Comune di Forlì e al suo Museo Civico San Domenico ed auspichiamo che la collaborazione e lo scambio di conoscenza tra i professionisti museali possa proseguire ed arricchirsi nel tempo. Intanto invitiamo i visitatori del Museo di Castelvecchio a soffermarsi su questo nuovo e prezioso accostamento di opere”.
La collaborazione tra il Comune di Verona e il Comune di Forlì nasce come un momento di valorizzazione dei rispettivi patrimoni culturali civici in occasione della mostra Preraffaelliti. Rinascimento moderno, in programma al Museo Civico San Domenico di Forlì dal 24 febbraio al 30 giugno 2024. L’opera di Andrea Mantegna Sacra Famiglia con una Santa dal Museo di Castelvecchio è presentata nel percorso espositivo della mostra di Forlì, in un confronto diretto tra i maestri italiani dal Trecento al Cinquecento e gli artisti Preraffaelliti, e, nella logica di uno scambio tra capolavori, la Fiasca spagliata con fiori dal Museo Civico San Domenico sarà allestita nel pregevole contesto museale e architettonico di Castelvecchio. Questo allestimento temporaneo, situato nello spazio rarefatto ideato da Scarpa, unico per scelte progettuali e sensibilità poetica, arricchisce di nuove chiavi di lettura il gruppo scultoreo della Crocifissione e fa emergere ancora oggi, a distanza di secoli, quelle profonde connessioni che le opere instaurano tra di loro e con chi le osserva.
"Continua il percorso di riscoperta e valorizzazione del patrimonio artistico e museale della città di Forlì – precisa l’assessore alla Cultura e all’Università del Comune di Forlì Valerio Melandri –. Un percorso che si snoda anche attraverso lo scambio di grandi opere d’arte e il rafforzamento dei rapporti tra enti e poli museali. Ne rappresenta un esempio virtuoso il prestito del capolavoro senza tempo di Andrea Mantegna, acquisito nell’ambito dell’esposizione temporanea sui Preraffaelliti presso i Musei San Domenico. A nome di tutta l’amministrazione comunale di Forlì ringrazio il Comune di Verona e il Museo di Castelvecchio per questa preziosa sinergia che fa bene alla cultura, ma soprattutto alle nostre comunità”.
Fiasca spagliata con fiori
In una tavola di piccole dimensioni è raffigurata un’umile fiasca, dal collo sbeccato e dal rivestimento di vimini sfatto, trasformata in vaso di fiori. Elegantissimi iris, gladioli e “stelle di Betlemme”, veri a tal punto da coglierne la consistenza, si offrono alla luce, mentre il fondo buio lascia intravedere il piano d’appoggio, una tavoletta sistemata in obliquo su quello che sembra un umile tavolo da falegname. Dietro a questo magnifico brano di natura morta si può sospettare un messaggio edificante: come il variopinto bouquet floreale trova collocazione in un fiasco rotto e popolare, così i più alti valori morali e spirituali possono albergare in ogni uomo, al di là del censo e della provenienza. È l’affascinante rappresentazione di una silenziosa ma palpabile tensione vitale alla quale difficilmente si rimane indifferenti. Ad amplificare il mistero del quadro, attribuito alla sfuggente personalità del “Maestro della Fiasca di Forlì”, è il velo dell’anonimato che avvolge l’identità dell’artista, ancora incerta.
Come più volte ribadito dallo storico d’arte Antonio Paolucci, tra i primi a celebrare l’eccezionalità del dipinto forlivese quale uno dei «vertici assoluti del naturalismo di matrice caravaggesca», l’opera è un «impressionante colpo di mano sul Vero» di innegabile qualità pittorica, pari solo alle più grandi invenzioni naturali della pittura italiana, come la Canestra di frutta di Caravaggio, alla quale spesso è stata comparata. A differenza del capolavoro del Merisi la nostra Fiasca, «quadro bellissimo e misterioso», cala la ricerca di una verità epidermica in un’atmosfera sospesa, quasi mistica, nella quale il drammatico memento mori è solo apparentemente contraddetto, ma in realtà ribadito, dallo straordinario ed effimero vitalismo della natura.
Groviglio di Lilla Tabasso
Durante la sua prima mostra personale – Atarassia –, tenutasi nella primavera 2021 nella galleria veneziana “Caterina Tognon Arte Contemporanea”, Lilla Tabasso, artista, designer e biologa milanese, ha esplorato la finitezza della condizione umana attraverso una personale reinterpretazione della natura, creando delicate e trasparenti sculture di piante e fiori plasmate nel vetro, simbolo universale di fragilità.
In Groviglio, l’opera che qui si presenta, l’artista si è ispirata precisamente alla famosa Fiasca spagliata con fiori di Forlì.
Un mazzo di fiori radi, un tempo freschi e carnosi, sono ora sul punto di appassire, mentre un flessuoso ramo di vimini si attorciglia al vaso trasparente che li contiene.
«Sono cresciuta in una famiglia di importanti antiquari da generazioni e quella antica è la prima grande forma d’arte che ho profondamente e inconsciamente assimilato. Conoscevo la “fiasca con fiori” da tempo e ho sempre trovato ispirante il particolare della paglia rotta che si stacca dalla fiasca per finire in un ricciolo ribelle. Da qui sono partita, volendo conservare lo stesso tipo di composizione floreale con colori anche dissonanti tra loro, quasi a sottolineare l’imprevedibilità della scena e rendendolo mio sostituendo la paglia con foglie che sfuggono al controllo di un vaso attorcigliandocisi intorno e cercando la stessa libertà di quel ricciolo» (L. Tabasso)
«Gli studiosi di tutto il mondo sanno che nei Musei Civici di Forlì si conserva un quadro misterioso e bellissimo. È la Fiasca impagliata di autore ignoto.
In una tavola di dimensioni medio-piccole (68x51 cm), il pittore circa gli anni 1625-1630, ha rappresentato dei fiori, un superbo trionfo di gigli gladioli e iris collocati a fascio dentro un fiasco sconnesso, rotto alla imboccatura, dissestato e in disordine nel rivestimento. Dietro questo impressionante colpo di mano sul Vero, c’è il messaggio morale, il “memento etico”. I fiori, bellissimi, stanno in un recipiente rotto, ordinario, volgare. Allo stesso modo (ecco la sottigliezza concettuale della metafora) nelle donne e negli uomini i valori spirituali più alti possono stare all’interno di un fisico sgraziato, dentro un corpo malato, brutto, infelice. Quello che colpisce nel dipinto forlivese è una sorta di vitalità, di turgore, di splendida tensione espressiva. Qualcosa che ha fatto dire a un grande critico come Francesco Arcangeli che qui siamo di fronte a una «temperie di barocco segretamente presente ma non ancora esploso dal vincolo dell’osservazione». Eppure la Fiasca di Forlì non ha autore. Neppure i più raffinati specialismi attribuzionistici sono riusciti a forzare il segreto di una opera che pure è unanimemente celebrata come uno dei vertici assoluti del naturalismo di matrice caravaggesca» (A. Paolucci)
Antonio Paolucci (Rimini, 29 settembre 1939 – Firenze, 4 febbraio 2024) è stato uno dei maggiori conoscitori di storia dell’arte in Italia, funzionario e museologo di fama mondiale, instancabile studioso dotato di un naturale talento nel comunicare il sapere.
Dopo essersi laureato a Firenze con Roberto Longhi e specializzato a Bologna con Francesco Arcangeli, Paolucci sceglie di dedicare il suo impegno alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale, avviando la sua carriera professionale nel ruolo di Soprintendente prima a Venezia, poi a Verona meritando l'encomio ufficiale dell'allora Direttore Generale Triches, a Mantova e infine a Firenze. Riceve quindi la nomina di Direttore Regionale dei Beni Culturali per la Toscana e, per quasi vent’anni, è Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino.
Dal gennaio 1995 al maggio 1996 ricopre la carica di Ministro per i Beni Culturali e Ambientali durante il “governo tecnico” presieduto da Lamberto Dini e istituisce la Commissione per lo studio del progetto dei “Nuovi Uffizi”, con il fine ultimo di ampliare la galleria del Complesso Vasariano.
Nel dicembre 2007 Papa Benedetto XVI lo nomina Direttore dei Musei Vaticani, ruolo che ricopre fino al dicembre 2016.
Ha insegnato alle Università di Firenze e Siena, scritto innumerevoli articoli, contributi scientifici e monografie a carattere storico-artistico e curato fondamentali mostre sul Rinascimento in Italia e all’estero.
Per i numerosi meriti conseguiti nell’ambito della sua attività culturale è stato insignito di prestigiosi titoli e onorificenze, tra cui quello di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana (1996), di Medaglia d’oro della Repubblica Italiana ai benemeriti della cultura e dell’arte (1997), di Cavaliere dell’Ordre National de la Légion d’honneur (2005) e quello di Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno (2016).
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