Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024 il Museo Eremitani di Padova propone la mostra La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900. Curata dai Musei Civici, Biblioteche Civiche e Ufficio Patrimonio Mondiale e promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, “La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra 800 e 900” ricostruisce attraverso un percorso espositivo composito la straordinaria fortuna visiva della Cappella degli Scrovegni.
Nota in tutto il mondo per essere il capolavoro assoluto affrescato da Giotto, pochi sanno però che essa è stata fra i primi monumenti italiani a essere riprodotto in fotografia in modo sistematico e puntuale. Carlo Naya, uno dei pionieri italiani della fotografia, immortala gli affreschi in alcuni scatti già nell’estate del 1863, a meno di venticinque anni dall’invenzione ufficiale di questa tecnologia, e più avanti realizzerà una intera campagna fotografica del monumento a scopo conservativo prima dei restauri di Guglielmo Botti, realizzati fra il 1869 e il 1871.
“Esiste un nesso indissolubile tra le vicende ottocentesche della Cappella degli Scrovegni e l'esigenza, manifestata da diverse personalità nel corso di tutto quel secolo, di salvaguardare almeno le immagini del capolavoro giottesco,”racconta Andrea Colasio, Assessore alla Cultura del Comune di Padova. “Come un basso continuo, sin dai primi decenni dell'Ottocento infatti, l'integrità fisica della Cappella e del ciclo affrescato in essa contenuto sono stati a rischio di dissolvenza, se non di vera e propria distruzione o sottrazione. Riprodurre le immagini del ciclo di Giotto era quindi un modo per evitarne la perdita irreversibile. Indubbiamente, le innovazioni nelle tecniche della riproducibilità dell'opera d'arte che si declinarono compiutamente proprio nella prima metà di quel secolo si riverberarono sui mezzi utilizzati per fissare le immagini: dal disegno a tratto alla pittura, dalle xilografie alle incisioni, dalle lastre colorate in vetro per le lanterne magiche alle cromolitografie, per finire con le prime immagini fotografiche in bianco e nero. Lo Scatto di Giottoparte da qui e si dipana in un racconto inedito, frutto della ricerca e dell’impegno di un gruppo di lavoro di professionisti strutturatosi in seno a Musei Civici, Biblioteche Civiche e Ufficio Patrimonio Mondiale, che ha curato il progetto della mostra dalla fase di ideazione alla presentazione. A loro, così come alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e AcegasApsAmga S.p.A. che hanno sostenuto la sua realizzazione, va il mio ringraziamento per questa nuova e interessante esperienza, che sono certo incontrerà anche il favore del pubblico.”
“Lo Scatto di Giotto è una mostra complessa, che intende dare vita a pagine inedite di un racconto che, usando dati antichi e nuovi, pone un accento diverso sul valore del fiore all'occhiello del nostro patrimonio culturale.” dice Francesca Veronese, direttore dei Musei Civici di Padova. “Le foto d'archivio restituiscono una sorprendente freschezza: mettono in risalto dettagli del capolavoro di Giotto e, al contempo, ci lasciano intuire come la percezione della sua unicità e la necessità della sua salvaguardia siano state ben presenti a partire dai primi dell'Ottocento, e come pian piano l'idea di salvaguardare l'intero contesto, ponendo lì, agli Eremitani, accanto a Giotto, in uno dei luoghi più densi di storia, la sede del Museo si sia fatta strada trovando compimento molti decenni più tardi.”
Il percorso espositivo de Lo scatto di Giotto parte da riproduzioni di grande fascino e si apre in uno scenario in bianco e nero creato dalle preziose lastre fotografiche realizzate da Luigi Borlinetto a partire dal 1883 e conservate dalla Biblioteca Civica di Padova. Queste portano il visitatore a scoprire dettagli poco noti e punti di vista inconsueti, restituendo all’osservatore contemporaneo l’esperienza di un visitatore
della seconda metà dell’Ottocento.
“Nell’era dell’inesausta produzione di immagini digitali, la mostra offre al godimento degli occhi e della mente preziose stampe e lastre fotografiche, immagini analogiche realizzate da proto-fotografi e fotografi tra Ottocento e primi del Novecento.” aggiunge Vincenza Donvito, responsabile delle Biblioteche civiche. “Si tratta di fotografie, spesso rarissime, salvate dall’oblio nelle preziose collezioni non librarie della Biblioteca Civica di Padova, dalle quali saranno anche esposti acquerelli e disegni dei primi restauratori della Cappella e documenti inediti di Pietro Estense Selvatico, che intuì precocemente le possibilità dell’impiego della fotografia nella salvaguardia delle opere d’arte”.
La mostra si affaccia poi al Novecento attraverso le celebri campagne fotografiche Alinari e di Domenico Anderson, il cui valore si intreccia con quello dell’editoria d’arte e di divulgazione. È proprio grazie alle campagne fotografiche della Casa Editrice Alinari di Firenze che le immagini della Cappella degli Scrovegni vengono inserite nei cataloghi d’arte a partire dal 1906. Qui il capolavoro di Giotto viene presentato nella sua straordinarietà per la prima volta quale ciclo narrativo completo, ma non solo: da questo momento in poi si sorpassa l’idea dell’esclusività nella riproduzione degli affreschi della Cappella e viene esplicitamente specificato nei verbali delle adunanze della città di Padova che lasciare che l’opera di Giotto circolasse attraverso la fotografia avrebbe consentito di diffondere nel mondo il valore della sua arte e che non avrebbe mai potuto provocare una riduzione dei visitatori. Da quel momento in poi, grazie ai cataloghi Alinari, la Cappella degli Scrovegni sarà conosciuta in tutto il mondo, giacché le pubblicazioni avevano edizioni anche in lingua francese e inglese. Ad Alinari si deve anche la prima campagna fotografica della Cappella degli Scrovegni a colori: siamo nel 1952 e il capolavoro di Giotto è già diventato soggetto di un’opera cinematografica.
Se Carlo Carrà correda la sua Parlata su Giotto del 1916 proprio con le fotografie Alinari, queste verranno poi utilizzate dal giovanissimo regista Luciano Emmer nel primo film sulla Cappella degli Scrovegni Racconto da un affresco del 1938. Realizzato in 35 mm utilizzando una vecchia macchina da presa Pathé del 1913 e una truka artigianale, utilizzata per realizzare animazioni, riprese speciali, effetti particolari, Emmer eseguì lo storyboard disegnando a carboncino sulle fotografie e riprendendo poi fotogramma per fotogramma. Lo stesso Emmer ammise che “il film su Giotto può essere considerato il primo film neorealista italiano perché a ben vedere le pareti della cappella degli Scrovegni sono di fatto una specie di storyboard: mi sono limitato a filmarlo”.
“Lo scatto di Giotto gioca proprio sul doppio significato di questo termine: scatto è quello dei fotografi che realizzano le prime immagini della Cappella degli Scrovegni, lo sono le loro stesse fotografie, ma scatto è anche quello compiuto da Giotto, uno scatto in avanti rispetto alla pittura del suo tempo, quello di un artista che ha saputo saltare nel moderno fino al Novecento. Si aggiunga che la sua innovazione nasce da quella stessa ricerca di rappresentare la realtà, l’uomo, la natura e lo spazio, che la macchina fotografica e la macchina da presa riusciranno a catturare cinque secoli dopo,” Spiega Federica Millozzi, Conservatore di Cappella degli Scrovegni. “In questa ottica l’opera di Giotto viene anche trasmutata nel cinema d’autore con Pasolini che, in uno degli episodi del suo Decameron del 1971, impersona un allievo di Giotto intento ad affrescare la chiesa di Santa Chiara a Napoli. Nel film, Pasolini-Giotto sogna una personale interpretazione del Giudizio Universale partendo dall’iconografia della Cappella degli Scrovegni: nella sua visione il Cristo Giudice diventa una Madonna col Bambino con il volto imperscrutabile di Silvana Mangano e tutta la parete affrescata si anima in un tableau vivant con schiere angeliche di bambini dalle luminose aureole geometriche a definire il Paradiso contrapposto all’Inferno animato da diavoli intenti a infliggere pene eterne ai dannati, le stesse che Giotto aveva dipinto. In basso un povero giovane vestito di stracci sorregge il modello della Cappella degli Scrovegni, precisamente ricostruita in un plastico. L’affresco diventa cinema che le restituisce la sostanza della materia, in una incessante veicolazione di valore artistico che annulla il tempo.”
“La nostra Fondazione accompagna il Comune di Padova e, in questo specifico caso l’Assessorato alla Cultura, nella realizzazione di progetti e interventi significativi.” aggiunge Gilberto Muraro, Presidente di Fondazione Cariparo “Sicuramente la mostra che viene presentata oggi ne è un esempio, perché ha il merito di essere un’iniziativa di grande valore che, coniugando tradizione e innovazione, offre al pubblico un’esperienza culturale altamente coinvolgente e arricchente”.
“Lo sviluppo della cultura e della consapevolezza in una comunità è la base per l’evoluzione della società verso obiettivi nuovi, tra cui la sensibilità necessaria ad attuare azioni di valore per la sostenibilità nel senso più ampio, sociale ed ambientale,” afferma Roberto Gasparetto, Amministratore Delegato di AcegasApsAmga. “In AcegasApsAmga e in tutto il Gruppo Hera, crediamo fortemente nel potere trasformativo delle espressioni culturali che ci arricchiscono e ci uniscono come comunità. Per questo, abbiamo voluto stringere con il Comune di Padova la partnership Insieme per la cultura, per valorizzare e sostenere progetti d’alto profilo culturale come la mostra Lo scatto di Giotto che sottolinea il valore di questo patrimonio, nel passato come ora, e ne fa cogliere accenti nuovi. Noi entriamo ogni giorno nella case delle persone portando l’acqua e i nostri servizi, questa volta lo facciamo offrendo un coupon che permetterà ai cittadini di avere un biglietto ridotto per visitare questa importante mostra, oltre ad altre agevolazioni per la visita dei musei collegati alla Urbs Picta. Un altro piccolo passo che vogliamo compiere lungo il grande cammino intrapreso con il Comune di Padova per rafforzare l’orgoglio per le ricchezze del nostro territorio e lo spirito di inclusività necessario per evolvere”.
L'affascinante immaginario della Cappella degli Scrovegni sviluppatosi nel corso dei secoli è anche tema delle più avanzate tecnologie di riproduzione fotografica. La mostra invita infatti l’osservatore a immergersi nella ricostruzione digitale del capolavoro di Giotto grazie alla nuova campagna fotografica realizzata da Scripta Maneant Editori, in un ambiente immersivo che consente una adesione plurisensoriale tra le forme e i colori dei capolavori Giotteschi. Questa esperienza concretizza la proposta più innovativa avanzata da Giotto nel quattordicesimo secolo: che l’osservatore potesse entrare nel racconto che egli stesso aveva realizzato, così come fra Ottocento e Novecento avevano già fatto quanti si sono dedicati alla riproduzione dei suoi affreschi.
Nel 2024, inoltre, la campagna fotografica di Scripta Maneant Editori andrà ad arricchire due nuove pubblicazioni sulla Cappella degli Scrovegni, realizzate attraverso una collaborazione tra Scripta Maneant e le curatrici del progetto scientifico de Lo Scatto di Giotto.
La mostra è realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di AcegasApsAmga S.p.A. in collaborazione con Scripta Maneant Editori, Factorcoop S.p.A., Emilro Service e con il patrocinio di Commissione Nazionale Italiana UNESCO, Ministero della Cultura, ICOMOS, ICCROM.
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