Dopo una trentina d’anni Tobia Ravà ritorna a Ca’ Lozzio con nuove opere che documentano il suo lungo percorso artistico, le diverse fasi ed i cambiamenti. Questo luogo in cui si producono prelibatezze ci ricollega ad un tema che nelle mostre collettive abbiamo sviluppato almeno in due occasioni: Alimentarte nel 2002 e Arte come cibo per la mente nel 2015 in occasione dell’Expo di Milano sul cibo. Le sue opere sono una sintesi della cultura di provenienza e del percorso esistenziale, artistico e culturale tra simbolismo, surrealismo, forme elettromorfe, graffitismo e grafismo. Oltre a quello che ha appreso dai suoi maestri (Licata, Pagnacco, Sene, Vecchiet a Venezia, Bruscaglia e Ceci ad Urbino), vi sono gli studi universitari bolognesi con Barilli, a Alinovi e Caroli, in particolare la semiotica con Eco e Calabrese (con i quali ha discusso la sua tesi sull’interdizione visiva). Fondamentali sono stati anche gli approfondimenti sull’iconografia ebraica, ghematrià (corrispondenza lettera numero) e kabbalah (ricezione) con i rabbini Grassini e Carucci a Venezia e Borenstein e Kopciowski a Bologna e gli interessi verso Spinoza, Benjamin, Buber e soprattutto Sholem, che gli ha aperto la via alla mistica ebraica e alle ultime teorie di Idel. Ha poi approfondito Green e Busi. Da qui è approdato alla teorie di Luria che gli ha dato lo spunto per creare opere con lettere ebraiche e numeri come scintille di conoscenza disperse in tutto il creato. Seguendo questi percorsi è incappato anche in due scoperte matematiche definite I e II Congettura di Ravà da Giudiceandrea che le ha verificate, con l’avvallo di Odifreddi: sulla riduzione teosofica della sequenza di Fibonacci e sui numeri primi. Ha dato vita ad un nuovo genere che può essere definito concettualismo estetico, in quanto alla logica serrata dei percorsi ghematrici e dei diversi livelli di lettura dell’opera, si aggiunge l’aspetto accattivante delle forme e dei colori. Le sue opere si presentano dense di significati, ma anche attraenti dal punto di vista figurativo e cromatico. Appaiono al contempo astratte, in quanto le immagini sono costruite, anziché di puntini e trattini come in Seurat ed in Signac, da cifre alfanumeriche con la tecnica che potremmo azzardare a chiamare numerisme, ma sono anche concrete nella forma e nella logica che saldamente le sottendono. L’esposizione presenta lavori recenti dell’artista riguardanti il mondo animale e vegetale e l’intervento umano sull’ambiente con i boschi di piantumazione lungo strade, fiumi e canali ed architetture, il tutto costruito da percorsi legati alle sequenze matematiche, in relazione allo spazio e al tempo, alla sequenza di Fibonacci. Così come i nuovi bronzi, quali Clara dedicato alla “rinocerontessa”, che nel Settecento ha fatto il giro dell’Europa, a Venezia è stata ritratta anche da Pietro Longhi. La particolarità del suo lavoro risiede nella texture alfa-numerica legata alla ghematrià, e alla kabbalah che studia meticolosamente prima della stesura sulla superficie dell’opera. In relazione al pensiero del kabbalista di Safed, Luria, propone un percorso etico-filosofico antichissimo e contemporaneo, per una nuova lettura in chiave etica dell’agire nel mondo. Egli sviluppa un percorso simbolico a rebus costruito su piani di lettura diversi attraverso la ghematrià, criterio di permutazione delle lettere in numeri in uso fin dall’antichità nell’alfabeto ebraico, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica. Ricrea i luoghi del reale servendosi di un linguaggio codificato riferito ai numeri relativi alla traslitterazione delle 22 lettere che compongono l’alfabeto ebraico, che hanno appunto un significato etico, spirituale e numerologico, metafora di una disgregazione attraverso le scintille di un Big Bang ancestrale. Nei suoi lavori si evidenzia un recupero dei valori legati alla bellezza e al rispetto dell’ambiente, ma anche della storia e di tutto ciò che l’uomo ha prodotto come risultato di conoscenze e saperi. Nel suo atelier elabora le sue opere, elabora teorie ed effettua sempre nuove scoperte. Ha inventato un suo universo originale fatto di lettere e numeri che vanno a posarsi su prati, alberi, boschi, ponti, architetture, sia su elementi naturali che manufatti creati dall’uomo nell’idea che l’essere umano debba farsi socio di Dio nella creazione e puntare all’armonia del tutto, soprattutto tra uomo-uomo e uomo-ambiente.
Maria Luisa Trevisan
