Manuela Bedeschi e Carmen De Visini sono artiste vicentine che operano tra modernità e postmodernità, nel senso che non si fanno interpreti né di una lettura lineare e progressiva delle arti visive: pittura, scultura, incisione, fotografia, né adottano le nuove tecnologie che hanno cambiato tutto, lontane dalla realtà virtuale che si concentra sull’impatto delle tecnologie sulla soggettività umana. Rifiutando ogni forma di liquidità, credono ancora nell’opera creata dell’individuo, sognano di essere capite e collezionate provando a fare resistenza al fluire del tempo. Una cosa è certa: spostano l’accento dalla soggettività dell’artista alla materialità dell’opera, allargando il campo al di là dei limiti naturali della loro persona. Il declino delle pratiche concettuali le ha portate al ritorno dell’oggetto artistico e alla manualità tecnica delle pratiche artistiche tradizionali. Resta viva l’esigenza di recuperare in particolar modo l’attenzione al rapporto tra oggetto, ubicazione e fruitore. Parole di luce e di poesia accomunano le due artiste in una sorta di eversione linguistica per l’eliminazione delle gerarchie di significato e per l’imposizione o semplicemente proposta, della libertà, della pluralità, della possibilità come casi diversi ma, altrettanto logici di quelli proposti dalla tradizione assuefatta. Scoprire i meccanismi che portano a combinare una parola dopo l’altra, un segno accanto a un altro, vuol dire immaginare una nuova realtà.
La luce, il più immateriale degli elementi, è il mezzo creativo impiegato da Manuela Bedeschi per scrivere, segnare, emozionare, spinta dal desiderio di lasciare l’impronta di sé, dalla volontà di mimesi e di contatto, dal bisogno di creare un alfabeto segnico caratterizzato da componenti primarie. Le sperimentazioni fatte con la luce, orientando la sua ricerca sullo studio delle relazioni tra ambienti fisici e la percezione dello spazio, le consentono di lasciare le tracce di un percorso esistenziale ricco di rimandi culturali. Il declino delle performance concettuali portarono negli anni Ottanta al ritorno dell’oggetto artistico e alla manualità tecnica delle pratiche artistiche tradizionali proposte dall’area del postmoderno. Come reazione all’esuberante oggettualità dell’arte, la Bedeschi recupera l’attenzione al rapporto tra oggetto, ubicazione e fruitore. Visualizza enunciazioni verbali ponendo l’occhio sulle relazioni tra un oggetto, la sua immagine e la sua identificazione concettuale, evidenziandone l’equivalenza comunicativa. I musei e le gallerie in cui espone sono per lei luoghi di conoscenza e informazione, dove offrire al pubblico momenti di pausa e riflessione. Nello spazio reale del suo interevento, mette in relazione realtà visiva e realtà mentale, esperienza e conoscenza, instaurando un’equivalenza tra arte e vita, arte e pensiero. La componente estetica dell’azione creativa della Bedeschi sta nel piacere della forma accompagnato da un’adeguazione tra messaggio inviato e capacità di ricezione dello spettatore. Importante resta la funzione di rinnovare la visione dello spettatore offuscata dall’abitudine della routine, stimolando in lui l’immaginazione in un mondo postmoderno basato su assiomi
Il lavoro di Carmen De Visini prende il via dalle esperienze della Poesia Visiva inquadrabili nel vasto campo delle ricerche visuali di matrice concettuale e narrativa che si avvalgono di numerose tecniche. Lettere alfabetiche, ideogrammi, arabeschi, geroglifici e le loro combinazioni in modi non usuali, affidati ad interpretazioni diverse e mutevoli, la liberano dal condizionamento istituzionalizzato delle convenzioni. Ma non si adegua ad un freddo formulario, raggiunge risultati sorprendenti nella singolare elaborazione dei materiali e nella loro preziosa decantazione. Trae i propri temi dalla vita quotidiana e dall’ambiente circostante, superando le posizioni analitiche e tautologiche del concettuale, aprendosi ad una dinamica temporale e psicologica ricca di rimandi autobiografici, talvolta spiritosa e ironica. L’opera sua nutre di poesia l’arte. Evita accostamenti ibridi, privi di affinità tematiche e formali, mantiene alta la tensione alla creatività secondo una necessità interiore e una visione nutrita della conoscenza di se stessa oltre che di ciò che partecipa della sua identità. Si serve dell’immagine e della parola ma anche della luce e del gesto, di tutti gli strumenti della rappresentazione nel tentativo di ricongiungere l’estetica e la vita. A proposito di estetica, è il controllo su ogni elemento della composizione, decantato dalla trasparenza del supporto, a ridare a ogni lacerto una superiore armonia. Le condizioni estetiche della lingua coincidono per Carmen De Visini con la ricchezza materiale della lingua
Giuliano Menato
Please enable JS
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Cookie settingsACCEPT
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.