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Rebecca Moccia – Catarifrangente

  • Dal 10/10/2019 al 30/11/2019
  • SPAZIO CORDIS Verona, Via Andrea Doria, 21/A, (Verona)
  • Tel.: +39 340 2612167

Doppio appuntamento con Spazio Cordis a ottobre: mentre nell’ambulatorio di via Andrea Doria giovedì 10 alle 19.00 inaugura la mostra Rebecca Moccia. Catarifrangente (visitabile fino al 30 novembre), durante i 3 giorni di ArtVerona saremo presenti anche in fiera. Selezionati insieme ad altre 13 realtà italiane per la sezione i10 – Spazi Indipendenti, abbiamo chiesto a Rebecca Moccia di pensare a un progetto che rispondesse al tema della call ideata da Cristiano Seganfreddo e dedicata quest’anno alle “release”. Nasce così Documentalità: “Le più influenti trasformazioni tecnologiche – lo smartphone, il web, i social media – ormai entrate nella nostra quotidianità, non solo ci relegano a una penosa dipendenza digitale, ma si configurano anche come dispositivi per creazioni identitarie e narrative costanti, capaci di dotarci di una possibile umanità aumentata” (Rebacca Moccia). Con Documentalità l’artista presenta una serie di progetti basati sulla documentazione delle sue stesse opere, per riflettere sul modo in cui anche un’opera d’arte – così come gli altri fenomeni del reale – può essere soggetto in sé di una post-esperienza narrativa che possa mobilitarla, ampliarne le potenzialità poetiche e promuoverne l’ingresso nella nostra vita, per sfuggire a quella impending obsolescence del suo senso che Claire Bishop aveva già descritto nel 2012. Rebecca Moccia volge così lo sguardo su se stessa, applicando ai propri lavori strategie che provengono da altri ambiti includendo una riflessione teorica legata all’elaborazione dell’informazione e dell’esperienza, alla creazione di narrazioni, autonarrazioni e metanarrazioni, al tema dello storytelling, alle modalità attraverso cui queste si intrecciano e interferiscono con l’arte, il fare arte e il comunicare arte. La mostra Catarifrangente si inserisce, invece, nell’ambito del lungo interrogarsi dell’artista sui meccanismi della comunicazione in generale e della narrazione in particolare mettendo a sistema una serie di lavori che, proprio come recita la definizione da dizionario del termine “catarifrangenza” (“Fenomeno per il quale una gemma o un dispositivo ottico - detto catarifrangente - rinviano la luce che li colpisce nella stessa direzione da cui essa proviene”) funzionano come un unico dispositivo di rifrazione: dell’immagine, del significato, del messaggio, del contenuto. Al piano superiore la condizione di “catarifrangenza” viene introdotta da opere come Fireworks, disegni di fuochi d’artificio che “simboleggiano la portatilità (il piccolo nel grande e il grande nel piccolo), la precarietà, l’intangibilità proprie della poesia” (Christian Caliandro) e insieme parlano della condizione dei giovani artisti oggi che “vivono in case condivise di progetti irrealizzati; che producono arrangiati nei seminterrati umidi e che, elaborazioni sofisticate, di materiali pregiati, precisi, non possono permettersele. Gente che tutto quello fa se lo porta dietro (non esiste magazzino), non è (quasi mai) venduto o vendibile, anzi che spesso è solo un’immagine regalata, una sensazione, una temperatura, qualcosa che si esaurisce in maniera semi-istantanea, resta in un Mac, nel telefono, in tasca…” (Rebecca Moccia). Disegni, quelli di Fireworks, che proprio alla luce di questa condizione esistenziale, di cui si fanno immagine e simbolo, sono oggetto di una disseminazione libera, estranea al sistema dell’arte: circolano sui treni e sui tram del mondo partendo da Venezia per poi diffondersi fin dove chi è entrato in possesso di uno di essi ha voluto portarlo. Al piano interrato la “catarifrangenza” muta invece in coesistenza dialettica di opposti dividendo le opere secondo gli attributi “acceso” e “spento” per arrivare, attraverso l’espediente delle differenti condizioni di luce e della distribuzione dei lavori in base alla predominante cromatica chiara o scura, a parlarci di una condizione esistenziale diffusa: la nostra attenzione, il nostro pensiero, le nostre emozioni sono ogni giorno alternativamente accese e spente nel complicato sistema mediatico di immagini, narrazioni, documentazioni di ogni azione ed evento. Durante ArtVerona Rebecca Moccia è coinvolta anche nella La quarta notte quiete | Scarti, a cura di Christian Caliandro, con un progetto site-specific all’interno del Mercatino del Libro Usato in via xx settembre 55, Verona.

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