“Sento col colore, e quindi la mia tela sarà sempre organizzata mediante il colore.”
– Henri Matisse
Natura Acquatica – Nicoletta Furlan
Prendere un grosso boccone d’aria e scivolare sotto la pellicola superficiale dell’acqua. Apnea. Decine di secondi silenziosi, dove il suono si trasforma in una percussione bassa, la pressione inguaina la pelle, il corpo diventa una forma precisa, nitidezza di contorni, trasformazione in particella, micro organismo cellulare, pulviscolo interstellare. Sott’acqua le percezioni delle dimensioni si alterano, si esce di scala, si può essere contemporaneamente punto e superficie. Anche il tempo, che già è relativo, si relativizza in arbitraria misura, i secondi come in inflazione, gonfiano. Un minuto sospeso diventa la stanza del quadro, il suo mondo.
Le tele di Nicoletta Furlan sono catini, laghi, mari. Il blu astratto, liquido, gocciolante, permea gli avvallamenti e le asperità della superficie come fosse un fondale oceanico prima asciutto e poi ricolmo. I materiali utilizzati per creare la base del lavoro sono sabbie, carte, colore. Una stesura mai pianificata che apre le porte dell’inconscio con lo scopo di catturare quell’attimo di pace nella creazione. Apnea creativa. Strutturare i presupposti, sistemare il nido, prendere fiato.
In questo modo di lavorare c’è il desiderio di scattare un fotogramma per Sé. Lasciare che sia la forma del colore a indicare i passi e a suggerire gli sviluppi del soggetto è per Nicoletta una chiara ispirazione al controllo. Paradossale? Forse. Apparentemente il gesto spontaneo può sembrare libero e incondizionato, superficialmente si può presupporre che ogni cosa venga docile e sgorghi morbida. Ma non siamo in superfice. Siamo ancora lì, col fiato sospeso, sotto, dentro e chiusi da un sigillo di idrogeno e ossigeno. Apnea. Sembra una contraddizione, ma la natura acquatica si cristallizza in fine in paesaggi solidi. Tra i quadri in mostra si passeggia nel bosco, le forme che emergono sono alberi e monti, cieli e strutture. Il controllo dell’astrazione è il sentiero delle capre. La ricerca della pace è un divenire da soddisfare col fiato spezzato e il diaframma contratto. Scatto di reni verso l’alto. Respiro.
Natura Rampicante – Andrea Coppadoro
La pianta rampicante richiede una parete, impalcatura, muro, graticcio, intelaiatura. La natura rampicante di Andrea Coppadoro è abbarbicata allo scheletro dell’architetto. Nella sua testa c’è di tutto, dal gioco dei dadaisti all’eco dei suoi maestri, dal collage tipografico all’erbario botanico. Nella sua testa c’è già l’idea. C’è un pragmatismo che tratteggia con precisione la trama dell’opera, incolla alla tela carte, pezzi di cose, forme di cantiere, e raccoglie frammenti di memoria storica da trasformare nei mattoni ideali di un personale formalismo.
Però dopo, quando la casa è in perfetto ordine, quando tutti gli elementi sono ben visibili e appoggiati con cura sul tavolo, un colpo di vento spalanca la finestra, una persona inciampa sul tappeto, un imprevisto scombussola la planimetria e un applauso rimescola le carte. Diventa un quadro diverso, un’immagine senza rigidità, un guizzo fluxus, la piantina catastale germoglia nella pianta vigorosa e scapigliata che esonda il vaso, un florido barocco broccato di bacche, colonne, capitelli, insetti, caratteri, miti terrosi. Un bel caos bilanciato tra una tendenza intonacata e un istinto radicale.
Allora ecco che nascono le città immaginarie di Andrea, luoghi ricchi di riferimenti dove ci si può perdere tra vicoli e viuzze, muri scalcinati e rovine, torri marziane e giardini incolti. Le città sono un’enciclopedia neuronale, una sintesi di passioni e interessi, un luogo in cui lasciare che il concreto si fonda col metafisico e il simbolismo sciolga le trecce al surreale. Planisferi arrugginiti dal tempo, mappe del mondo srotolate e ri-marginate, cristalli sognanti, ecosistemi di carta antropizzati da umani salati. Certi grandi fiori, magnolie? ninfee?, focalizzano lo sguardo lasciando che la visione periferica fonda i dettagli in un’unica massa con-fusa. Che cosa emerge? Il colore delle terre, calde, friabili e fertili.
Barbara Fragogna
Settembre 2021
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