La casa museo della Fondazione Querini Stampalia custodisce un bozzetto in creta di Antonio Canova, realizzato per una statua di Letizia Ramolino Bonaparte. Fu il fratellastro dell'artista, Giovanni Battista Sartori a donarlo nel 1857 al fondatore, il conte Giovanni Querini.
Parte da lontano il legame che ora vede protagonisti alla Querini Stampalia di Venezia un artista Antonio Canova, un architetto Carlo Scarpa e una fotografa nella mostra ‘in luce’ Fotografie di Alessandra Chemollo nella Gypsotheca di Possagno a cura di Maddalena Scimemi.
Promossa insieme a Museo Gypsotheca Antonio Canova in collaborazione con Bugno Art Gallery nel bicentenario della morte del Canova (1822 - 2022) è aperta dal 4 dicembre 2021 al 27 marzo 2022 nell’Area Scarpa della Querini Stampalia.
‘in luce’ presenta una cinquantina di scatti del reportage che nell’estate del 2016 Alessandra Chemollo realizza a Possagno e destinato a una pubblicazione (Carlo Scarpa. La Gipsoteca Canoviana di Possagno, con testi di Gianluca Frediani e Susanna Pasquali, Mondadori Electa, 2016).
Così in quell’occasione la fotografa si esprimeva a proposito del suo lavoro: “…La sensazione è quella che si prova entrando in scena: siamo come guidati dalle istruzioni di un silenzioso regista che sembra aver deciso le nostre azioni e i nostri percorsi tra i volti di gesso e le forme di luce... Si potrebbe quasi chiuderli, gli occhi, se non fosse che servono a registrare la posizione: il nostro è un sentire più ampio, che coinvolge sensori nascosti, inspiegabilmente attendibili. Il nostro esitante vagare ci regala, placato, un piacere raccolto, e la sensazione che anche noi, come le altre cose lì dentro, non potremmo che essere precisamente lì”.
Le fotografie che sono esposte nella mostra ‘in luce’ rendono ragione di questo lavoro, a sua volta frutto di una ricerca trentennale dedicata all’intero catalogo scarpiano e confluita in diversi volumi ed esposizioni, fornendo strumenti di conoscenza imprescindibili per gli studiosi.
Maddalena Scimemi, la curatrice, così introduce l’esposizione: “Qui si presenta il lavoro svolto all’interno della Gypsotheca, in uno spazio fluido e senza porte, come prediligeva Carlo Scarpa. Un lavoro che raccoglie gli stimoli riservati dall’architetto agli osservatori più acuti. Alessandra Chemollo cede alle suggestioni di Scarpa esaltandone gli effetti, segue le provocazioni date dai tagli aperti nelle pareti, dai conci sottratti all’apparecchiatura muraria, dall’allineamento delle teche dei bozzetti perché sui vetri si moltiplichino i riflessi. Ha la sfrontatezza di appoggiarsi – così sembra – alle opere esposte.
Le sue fotografie traducono in due dimensioni l’incantesimo di luce naturale creato da Scarpa, variando posizione e ampiezza dei lucernari, alla stregua di moderne meridiane: un gioco serissimo, che impone l’ombra ad alcune, mentre dispensa ad altre lunghi raggi di luce, quasi a segnare il tempo dell’arte.
Ma non è solo questo. Alessandra Chemollo, sapientemente, fa recitare a Canova il ruolo di protagonista. L’invito a ritagliare quelli che Scarpa chiamava i “pezzi del cielo”, ovvero le vetrate prismatiche nella sala alta, viene accolto includendovi il gioco delicato delle mani di Amore e Psiche, mentre il cubo azzurro cerca umanità nella gravitas del monumento a George Washington, spostando l’obbiettivo come se l’osservatore fosse in ginocchio ai suoi piedi. Basterebbe una sola fotografia, quella che ritrae il busto di un giovinetto in terracotta, forse ispirata a Canova dalle fattezze mirabili di un principino polacco di passaggio a Roma. Un’opera preziosa anche per Scarpa, che la posiziona in asse con l’entrata principale, incaricandola di dare il benvenuto a chi, oltrepassando una porticina a vetri, si ritrova nell’atrio del museo senza avvedersene. Una tra le rare terrecotte conservate nella Gypsotheca, una delle forme ritrovate da queste fotografie nel bicentenario della morte dell’artista”.
Alessandra Chemollo (1963, vive a Venezia), si è laureata presso l'Università IUAV, con una tesi sulla relazione tra Architettura e Fotografia.
La riflessione sulla rappresentazione dell'opera architettonica si sviluppa nel suo lavoro professionale e nei progetti autonomamente prodotti, senza soluzione di continuità.
Ha realizzato progetti fotografici a illustrazione di numerosi testi monografici, approfondendo specifiche modalità di lettura dell'opera architettonica a partire da assunti documentari.
Nella sua trentennale esperienza professionale, spazia dall’architettura storica a quella contemporanea e sviluppa ambiti teorici con finalità didattica e curatoriale.
Dal 1986 lavora come fotografa; dal 1991 al 2013 ha lavorato con Fulvio Orsenigo (ORCH -www.orsenigochemollo.com). Dal 2013 è docente del modulo di Fotografia del Master di Paesaggio IUAV.
Emblematica è l’esperienza condotta sulla Fondazione Querini Stampalia di Venezia (1986, 1996, 2001, 2003, 2017) che dimostra, nella transizione dal bianco/nero alla tecnica digitale, la sua collaudata sensibilità per l’architettura e la sua vena sperimentale.
www.alessandrachemollo.it
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